venerdì 27 febbraio 2015
martedì 24 febbraio 2015
sabato 21 febbraio 2015
giovedì 19 febbraio 2015
mercoledì 18 febbraio 2015
martedì 17 febbraio 2015
domenica 15 febbraio 2015
giovedì 12 febbraio 2015
lunedì 9 febbraio 2015
Festival Internazionale della Poesia
SIAMO LIETI DI INVITARE LA S.V.
ALL'INAUGURAZIONE DI
PAROLE SPALANCATE
21° Festival Internazionale di
Poesia
GIOVEDI 11 GIUGNO A PALAZZO DUCALE
alle 18.30 nella Sala del Camino
Presentazione dell'antologia
"Venti di Poesia. 20 anni di Parole Spalancate" (ed.
Liberodiscrivere) e del documentario di Maurizio Fantoni Minnella "Parole
spalancate. La città dei Poeti"
alle ore 21.00 nel Cortile
Maggiore
Serata inaugurale con il
grande Tony Harrison, i poeti del progetto europeo Versopolis e lo
spettacolo "Uscito dalla trincea - il Fronte dei Poeti" di e con
Andrea Nicolini, che narra la Grande Guerra attraverso gli occhi dei poeti, da
Ungaretti a Sbarbaro.
si consiglia di confermare con SMS
n. 3349110785 o con mail a info.festivalpoesiagenova@gmail.com
Franco Bagnasco
Franco
Bagnasco rappresenta un pezzo importante della storia artistica di Rapallo,
della quale è stato protagonista.
Di
professione farmacista, si è trasferito in città nel 1949, ma fin da
adolescente ha coltivato la passione per la pittura. Fondamentale l'incontro
con il pittore di Novi Ligure Gigi Podestà e con De Pisis a Sestri Levante.
A
Rapallo Bagnasco è subito entrato in contatto con la comunità degli artisti,
aprendo un ampio dibattito sulla evoluzione dell'arte. In particolare
sull'informale e sulla rivoluzione artistica da esso promossa, in cui non tutti
si riconoscevano ma non potevano non considerarne l'effetto dirompente. Ora,
quello di Bagnasco, pittore, sculture, ceramista, grafico è un percorso esemplare
che ci riconduce alle radici stesse dell'Informale.
"Informel"
è un termine che adopera per primo il critico francese Michel Tapié nel suo
saggio "Un Art autre" del 1952 per sottolineare la tendenza artistica
affermatasi agli inizi degli anni '50 in Europa, Stati Uniti, Giappone (da non
dimenticare il gruppo "Gutai" fondato nel 1951 dal pittore Yoshi
Hara). L'Informale rappresenta la crisi dei valori conoscitivi e razionali
determinata dalla Seconda Guerra Mondiale, ma ha radici più lontane che possono
essere riconducibili: 1) All'Impressionismo (l'ultimo Monet -la rarefazione
della forma-, la preminenza nella visione dell'elemento soggettivo); 2)
All'esperienza "dadaista" (Dadà: giocattolo -Tristan Tzara- il
rifiuto della cultura, l'inserimento di materiali eterogenei, suscettibili,
tuttavia, di dignità artistica); 3) Al Surrealismo (la valorizzazione
dell'inconscio); 4) All'Espressionismo (la violenza dell'immagine e del colore,
come diretta espressione del profondo).
Viene
messa in discussione la ragione come strumento di conoscenza che si traduce nel
rifiuto della forma tradizionale per fare emergere come caposaldo della poetica
informale la coincidenza del creare con l'agire e l'essere.
La
linea, il colore, la figura perdono il loro significato. Dopo anni di dibattiti
cessano definitivamente la poetica e l'estetica delle mimesi, cioè della
concezione dell'arte come imitazione della Realtà e della Natura: la Realtà non
è quella che vedi con gli occhi, non è visione fisica, ma è quella che ti ribolle
dentro. Questa nuova concezione cambia radicalmente il linguaggio artistico, ma
anche lo sguardo sulla umanità.
Questo
è quanto ho appreso dai libri.
Ma
nell'intervista a Franco Bagnasco lui definisce l'Informale "L'ultimo
grande respiro del Romanticismo".
Mi
sono stupita, poi ho cominciato a riflettere, e gli devo dare ragione.
Perché?
Perché
il Romanticismo come l'Informale punta sulla concezione dell'arte come
spontaneità e libertà assoluta, sul mistero del vivere stesso, sul dubbio che
la ragione e la cultura possano liberare l'umanità dal dolore e dalle
imperfezioni.
Alla
base di entrambi i movimenti c'è l'insoddisfazione del presente e della Realtà
così come sono, pur nella insopprimibile aspirazione a rompere le catene, a
trovare una via di liberazione.
Certo,
i linguaggi, quello Romantico e quello Informale, sono radicalmente diversi.
Non
a caso sono passati più di 50 anni di rivoluzioni artistiche in tutto il mondo,
ma la filosofia di fondo e la tensione verso l'alto come superamento dei limiti
che si traduce in astrazione poetica li rendono compatibili.
In
Franco Bagnasco noi troviamo tutti questi elementi: l'utilizzo di cemento,
sabbia, ferro, reti, legno (l'eredità "Dadà"); la violenza intensa
del colore (Espressionismo); l'emersione piena dell'inconscio (Surrealismo); il
soggettivismo libero della visione (Impressionismo).
Ma
la scoperta e l'utilizzo di un linguaggio artistico innovativo non è di per sé
portatore di valore: può far nascere un mostro o un bel bambino.
Tutto
dipende dal fluido interiore, dalla capacità creativa dell'artista. Qual è,
dunque, la cifra che rende la pittura di Bagnasco immediatamente riconoscibile?
Il
prevalere del mondo intenzionale, la volontà dimostrativa e l'utilizzo
finalizzato a sé stesso del nuovo linguaggio può produrre una pittura
interessante, ma spesso fredda e ingabbiata, in cui è difficile rintracciare il
palpito del cuore.
Quando
invece l'intenzione e il sentimento si fondono abbiamo una pittura coinvolgente
ed espressiva, anche se non la comprendiamo sino in fondo.
E'
questa mancanza di astrattezza e di volontà dimostrativa, il dialogo costante
con il colore che apre la strada all'essere nascosto e profondo, che rende
bella e feconda la pittura di Bagnasco.
E'
la totale gratuità del gesto e del segno che apre spazi liberatori.
Qualunque
siano i materiali utilizzati, i suoi quadri sono animati da un dinamismo
interno che li dilata e li spinge verso un orizzonte illimitato oltre la
cornice.
Certo,
nell'amalgama dei colori noi avvertiamo i grovigli della Vita, il senso
drammatico della Storia e della Realtà, la malinconia e la solitudine,
pudicamente velate. Ma non c'è mai né rabbia né rivolta, non c'è l'esperienza
di un cerchio chiuso da spezzare con i pugni, come succede in Vedova, ma un
grido di liberazione verso l'alto. Al di là del limite.
Il
quadro non si ripiega mai su sé stesso e non si affloscia.
La
sua pittura è un pò come la musica Mozart, imprevedibile, anomala,
sorprendente.
Il
rosso, il bruno, il nero sembrano presagire una tempesta o la tragedia. Ed ecco
invece il guizzo della ironia che sconvolge il sistema mediante uno spicchio
bianco, azzurro o verde, oppure mediante una linea che si interpone e ribalta
il normale equilibrio dei colori. Oppure ci troviamo di fronte ad un rosa
diffuso, che sfuma delicatamente verso il grigio e sfocia in un giallo intriso
di luce, come a sottolineare lo stupore o una visione da Eden Perduto.
Ma
ciò che sembrerebbe pace, idillio, per mezzo di una linea sghemba o di un
quadratino periferico di colore contrastante ci avvisa che il nostro fondo è
scuro. E che la Realtà non è Sogno.
Bagnasco
rompe le leggi cromatiche. Mette insieme colori che spesso fanno a pugni, ma
alla fine il risultato è la percezione di un equilibrio sospeso, di una rara
coerenza compositiva.
Sollecita
l'intelligenza e stimola la nostra parte emozionale.
In
sostanza egli ci comunica che l'arte è epifania della Bellezza e mistero.
Non
pretendiamo di spiegare tutto.
venerdì 6 febbraio 2015
martedì 3 febbraio 2015
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