lunedì 9 febbraio 2015

Franco Bagnasco

Franco Bagnasco: alle radici dell'Informale[1]
a cura di ROMANA ARRIGHI

Franco Bagnasco rappresenta un pezzo importante della storia artistica di Rapallo, della quale è stato protagonista.
Di professione farmacista, si è trasferito in città nel 1949, ma fin da adolescente ha coltivato la passione per la pittura. Fondamentale l'incontro con il pittore di Novi Ligure Gigi Podestà e con De Pisis a Sestri Levante.
A Rapallo Bagnasco è subito entrato in contatto con la comunità degli artisti, aprendo un ampio dibattito sulla evoluzione dell'arte. In particolare sull'informale e sulla rivoluzione artistica da esso promossa, in cui non tutti si riconoscevano ma non potevano non considerarne l'effetto dirompente. Ora, quello di Bagnasco, pittore, sculture, ceramista, grafico è un percorso esemplare che ci riconduce alle radici stesse dell'Informale.
"Informel" è un termine che adopera per primo il critico francese Michel Tapié nel suo saggio "Un Art autre" del 1952 per sottolineare la tendenza artistica affermatasi agli inizi degli anni '50 in Europa, Stati Uniti, Giappone (da non dimenticare il gruppo "Gutai" fondato nel 1951 dal pittore Yoshi Hara). L'Informale rappresenta la crisi dei valori conoscitivi e razionali determinata dalla Seconda Guerra Mondiale, ma ha radici più lontane che possono essere riconducibili: 1) All'Impressionismo (l'ultimo Monet -la rarefazione della forma-, la preminenza nella visione dell'elemento soggettivo); 2) All'esperienza "dadaista" (Dadà: giocattolo -Tristan Tzara- il rifiuto della cultura, l'inserimento di materiali eterogenei, suscettibili, tuttavia, di dignità artistica); 3) Al Surrealismo (la valorizzazione dell'inconscio); 4) All'Espressionismo (la violenza dell'immagine e del colore, come diretta espressione del profondo).
Viene messa in discussione la ragione come strumento di conoscenza che si traduce nel rifiuto della forma tradizionale per fare emergere come caposaldo della poetica informale la coincidenza del creare con l'agire e l'essere.
La linea, il colore, la figura perdono il loro significato. Dopo anni di dibattiti cessano definitivamente la poetica e l'estetica delle mimesi, cioè della concezione dell'arte come imitazione della Realtà e della Natura: la Realtà non è quella che vedi con gli occhi, non è visione fisica, ma è quella che ti ribolle dentro. Questa nuova concezione cambia radicalmente il linguaggio artistico, ma anche lo sguardo sulla umanità.
Questo è quanto ho appreso dai libri.
Ma nell'intervista a Franco Bagnasco lui definisce l'Informale "L'ultimo grande respiro del Romanticismo".
Mi sono stupita, poi ho cominciato a riflettere, e gli devo dare ragione.
Perché?
Perché il Romanticismo come l'Informale punta sulla concezione dell'arte come spontaneità e libertà assoluta, sul mistero del vivere stesso, sul dubbio che la ragione e la cultura possano liberare l'umanità dal dolore e dalle imperfezioni.
Alla base di entrambi i movimenti c'è l'insoddisfazione del presente e della Realtà così come sono, pur nella insopprimibile aspirazione a rompere le catene, a trovare una via di liberazione.
Certo, i linguaggi, quello Romantico e quello Informale, sono radicalmente diversi.
Non a caso sono passati più di 50 anni di rivoluzioni artistiche in tutto il mondo, ma la filosofia di fondo e la tensione verso l'alto come superamento dei limiti che si traduce in astrazione poetica li rendono compatibili.
In Franco Bagnasco noi troviamo tutti questi elementi: l'utilizzo di cemento, sabbia, ferro, reti, legno (l'eredità "Dadà"); la violenza intensa del colore (Espressionismo); l'emersione piena dell'inconscio (Surrealismo); il soggettivismo libero della visione (Impressionismo).
Ma la scoperta e l'utilizzo di un linguaggio artistico innovativo non è di per sé portatore di valore: può far nascere un mostro o un bel bambino.
Tutto dipende dal fluido interiore, dalla capacità creativa dell'artista. Qual è, dunque, la cifra che rende la pittura di Bagnasco immediatamente riconoscibile?
Il prevalere del mondo intenzionale, la volontà dimostrativa e l'utilizzo finalizzato a sé stesso del nuovo linguaggio può produrre una pittura interessante, ma spesso fredda e ingabbiata, in cui è difficile rintracciare il palpito del cuore.
Quando invece l'intenzione e il sentimento si fondono abbiamo una pittura coinvolgente ed espressiva, anche se non la comprendiamo sino in fondo.
E' questa mancanza di astrattezza e di volontà dimostrativa, il dialogo costante con il colore che apre la strada all'essere nascosto e profondo, che rende bella e feconda la pittura di Bagnasco.
E' la totale gratuità del gesto e del segno che apre spazi liberatori.
Qualunque siano i materiali utilizzati, i suoi quadri sono animati da un dinamismo interno che li dilata e li spinge verso un orizzonte illimitato oltre la cornice.
Certo, nell'amalgama dei colori noi avvertiamo i grovigli della Vita, il senso drammatico della Storia e della Realtà, la malinconia e la solitudine, pudicamente velate. Ma non c'è mai né rabbia né rivolta, non c'è l'esperienza di un cerchio chiuso da spezzare con i pugni, come succede in Vedova, ma un grido di liberazione verso l'alto. Al di là del limite.
Il quadro non si ripiega mai su sé stesso e non si affloscia.
La sua pittura è un pò come la musica Mozart, imprevedibile, anomala, sorprendente.
Il rosso, il bruno, il nero sembrano presagire una tempesta o la tragedia. Ed ecco invece il guizzo della ironia che sconvolge il sistema mediante uno spicchio bianco, azzurro o verde, oppure mediante una linea che si interpone e ribalta il normale equilibrio dei colori. Oppure ci troviamo di fronte ad un rosa diffuso, che sfuma delicatamente verso il grigio e sfocia in un giallo intriso di luce, come a sottolineare lo stupore o una visione da Eden Perduto.
Ma ciò che sembrerebbe pace, idillio, per mezzo di una linea sghemba o di un quadratino periferico di colore contrastante ci avvisa che il nostro fondo è scuro. E che la Realtà non è Sogno.
Bagnasco rompe le leggi cromatiche. Mette insieme colori che spesso fanno a pugni, ma alla fine il risultato è la percezione di un equilibrio sospeso, di una rara coerenza compositiva.
Sollecita l'intelligenza e stimola la nostra parte emozionale.
In sostanza egli ci comunica che l'arte è epifania della Bellezza e mistero.
Non pretendiamo di spiegare tutto.




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