domenica 25 ottobre 2015

WIFREDO LAM- FOTOGRAFIE


Wifredo Lam
da Cuba alla vita parigina, l'incontro con 
intellettuali come Andre' Breton,  Picasso,
 Joan Miro', Henry Matisse, Paul Eluard, 
Georges Braque.




















sabato 10 ottobre 2015

ADOLFO WILDT- L'ANIMA E LE FORME

 ADOLFO WILDT

L’anima e le forme
Di Daniele Crippa


 Scolpire significa immettere lo spirito nella materia.
 Wildt per spiegare come intendesse la scultura scrisse “ L’opera d’arte non è per gli occhi ma per l’anima . “
 L’artista dichiara essere suo un credo che probabilmente era il sogno di ogni scultore: fondere nel volume la perfezione estetica insieme al messaggio etico dell’opera.
Figlio di un portiere di Palazzo Marino, nacque in una antica famiglia milanese che da secoli portava il cognome di antenati svizzeri, era molto povero ma dotato di una forza di volontà ferrea grazie alla quale si impose fin da giovanissimo come uno dei migliori collaboratori di molti scultori milanesi, anzi dimostrò immediatamente le sue eccezionali doti e subito fu ricercato per essere considerato sul mercato il migliore lisciatore e lucidatore di marmi.
Impossibilitato a viaggiare e visitare musei per scoprire, ammirare e comprendere le opere già presenti nell’olimpo dell’arte si inventò un metodo geniale per sopperire alla sua impossibilità causata dalle sue ristrettezze economiche: divenne assiduo frequentatore di mercatini e librerie. Il tempo che dedicò all’acquisto ed allo studio delle fotografie riproducenti sculture dei grandi maestri fu la sua vera scuola !
 Wildt diceva “ Ero dunque povero e non potevo studiare come avrei voluto, non potevo recarmi a Roma e Firenze come avrei voluto a guardare i capolavori dei nostri grandi e nutrirmene lo spirito. Dovevo accontentarmi delle fotografie: perché costavano meno. Ma quelle piccole fotografie avevano il pregio di accentuare tutti i chiaroscuri della scultura ed io vi passavo sopra delle lunghe ore di meditazione e di ricerca. E’ il segreto della mia arte…..rapito alle fotografie “.
 Il concetto dell’immagine, dell’importanza del dettaglio, della parte dell’opera che deve raccontare sono prerogative che subito appaiono nelle sue sculture. Il titanismo è altra sua prerogativa, l’artista è l’unico in quel panorama che si affaccia all’alba del nuovo secolo che riesce a descrivere il senso del contrasto, di quella lotta che esiste nella pressione interna delle forme e che sfocia cavalcando l’interno flusso energetico che nella materia esiste. 
 “ L’opera d’arte non è per gli occhi ma per l’anima “.
 In questa dichiarazione l’artista vuole sottolineare il suo credo: la sua scultura non deve soddisfare solo la parte estetica ma necessariamente appagare quella etica.
 Vero, nelle sue sculture Wildt riesce a fondere la Materia con lo Spirito. 
Il successo è per lui immediato ed in maniera sfolgorante subito varca i nostri confini e le commesse gli giungono numerose dai grandi intellettuali dell’epoca. Sono sculture che intrigano, stupiscono e coinvolgono per quella sua capacità di trasformare il marmo in carne. Non facile è il momento per chi si è intellettualmente presentato al giudizio dell’arte. Nel 1912 nasceva quel – nuovo - che per la scultura era un sasso o meglio un macigno nel lago: difatti Marcel Duchamp chiedeva a Fernad Leger se esistesse una scultura più bella di un’elica di aeroplano, contemporaneamente Pablo Picasso costruiva una chitarra in cartone e Umberto Boccioni pubblicando il Manifesto tecnico della Scultura Futurista cancellava ogni passato, mentre Filippo Tommaso Marinetti  affermava essere una macchina in velocità più bella della Nike di Samotracia ! 
La risposta del nostro ormai consacrato artista fu vincere alla Permanente di Milano il premio più prestigioso, quello del Principe Umberto, con l’opera La Trilogia ed il Corriere della Sera così commentò l’evento “ L’opera fu la più discussa, ma anche ammirata, decisivo l’apprezzamento del re che si fermò a lungo davanti al bizzarro e poderoso gruppo “ Fu il riconoscimento per una magistrale esecuzione in totale controtendenza ai modi della scultura in auge del momento avanguardista.
Margherita Sarfatti la fondatrice del movimento Novecento, guro dell’arte italiana e considerata il maggiore e più influente critico dell’arte contemporanea  spiegava il suo successo internazionale con il fatto che : “ se le montagne stan ferme gli uomini viaggiano ed i cataloghi viaggiano. Vero, la cultura non si ferma mai ! “
Ormai Wildt è artista unico nel panorama del novecento e grazie alle sue capacità, dotate di una maestria tecnica fuse ad una magistrale interpretazione tematica, fa si che la Sarfatti dichiari “ pensoso scalpellino lombardo si rivela fratello di quegli antichi rivieraschi dei nostri laghi, i tagliapietre comancini e campionesi, che inerpicarono nel cielo la gotica selva del Duomo e scavarono nel sasso la gloria d’Italia fino alle sponde remote “. Si sottolinea questa suo sapere lavorare il marmo che è  assolutamente unico nel suo contemporaneo ma che si riallaccia ad una historia legata ai grandi  consacrati quali Bernini e Michelangelo ma pure ai grandi sconosciuti artigiani che hanno fatto uniche le nostre chiese ed i nostri incredibili monumenti di cui l’Italia è più che ricca. Oggi si direbbe il dna continua.
Il clamore intorno ai suoi successi fa dire ad un altro importante critico Bucci :“ Il fascino di Wildt stava in un’estraneità che lo proiettava in una mitologia arcaica, in spazi siderali, come all’origine del mondo “.
Ormai è considerato il mago del marmo perché sa plasmarlo come nessuno, ritrovarne dentro i dettagli, le anatomie ed i colori. E’ il negromante che ci racconta quanto vi è dentro ogni immagine, ogni scultura può essere eretica o santa: può essere tutto.
Il Vate, Gabriele D’Annunzio lo definì: “ grande artista “.
Sicuramente Wildt può essere considerato uno dei grandi simbolisti ma pure il primo primitivo moderno. Il mondo conosce questo grande del marmo, il movimento Novecento invade ed influenza l’ambiente culturale internazionale. Mi piace ricordare l’attenzione che le sue opere ottennero in Argentina dove il giovane Lucio Fontana presentò l’evento attraverso una incisione inneggiante alla sua opera, era il 1925 a Rosario di Santa Fè, due anni dopo visitando l’Esposizione Biennale di Brera alla Permanente di Milano affermò “ El unico es Wuildt veramente maravilloso “ e l’anno dopo si iscrisse al suo corso di scultura in Brera. Il maestro riconobbe immediatamente il genio del giovane argentino e lo promosse subito dal secondo anno al quarto anno.
Il mondo lesse la sua- Arte del Marmo - edita da Hoepli mentre la sua consacrazione ufficiale venne con la nomina di Accademico d’Italia insieme ad Luigi Canonica, Antonio Mancini, Giulio Aristide Sartorio, Marcello Piacentini, Brasini, Di Giacomo, Enrico Fermi, Marinetti, Mascagni e Pirandello.
 Nel 1930 la mostra del Novecento Italiano organizzata dalla Sarfatti a Buenos Aires coinvolse entusiasticamente la numerosissima comunità italiana e non solo: il cognome Wildt era sulla bocca di tutti.
Il marmo nelle sue mani si trasformava in messaggio, emozione ed in carne.
 I chiaro scuri, le coraggiose affermazioni, i suoi credo sono nel cuore di tanti,  mai in vita un’artista verificò così profondamente il successo della propria arte. La capacità di affrontare temi profondi e così differenti tra di loro come: La Vita - Il Dolore - Il Santo - La Morte - La Pietà – L’Anima – La Mater Purissima – La Vittoria – La Luce – La Madre - Il Figlio – San Francesco, di sviscerarne il loro profondo credo e il riuscire a farci raggiungere la vera anima dell’opera fu unica. 
Il 13 marzo 1931 termina di sorprendere con la sua arte il mondo che attonito lo ricorda in moltissimi necrologi, amo ricordare cosa scrisse Mario Sironi: “ Adolfo Wildt è morto. Scompare uno spirito delicato e umanissimo che sembrava raccogliere talvolta nello spirito, in un chiuso recesso di Milano, città d’oro e di ferro, le trame più sottili, i sogni più umili, quasi intessuti di lagrime e pie meditazioni. Il marmo traduceva in apparenze concrete, reali, quelle palpitazioni mistiche. E nel marmo i sogni si ampliavano in impeti grandiosi, senza che la materia si rivelasse in alcun punto nella libertà della sua natura….. E forse in questa trasformazione mistica della dura compagine del marmo, che risiede il segreto dell’arte di Wildt, la sua espressione più completa e più alta, la sua italianità di nuovo Maestro, di Campione. “
Un grazie ai curatori Paola Mola e Fernando Mazzocca che regalano al visitatore il più raffinato - Choc emotivo ed estetico – che una mostra d’arte possa regalare.   

Daniele Crippa